Moto-Alpinismo, ovvero guidare e camminare

Dopo aver avuto accesso al primo giorno ad internet, solo oggi, sono riuscito a rimetter le mani ad un computer, non che la cosa mi sia mancata, anzi un po’ di disintossicazione è sempre cosa buona e giusta.

Questo post è disponibile (e in originale) anche su: http://blogs.radiopopolare.it/darsena/?p=887

Scrivo dal rifugio quinto alpini, sopra Bormio, nel parco nazionale dello Stelvio.

Mi scuso per il racconto un po’ lungo ma di km ne ho fatti più di mille e di cose fantastiche ne ho viste tantissime. Non mi soffermo sui dettagli e non descrivo tutti i posti, perchè altrimenti non finiamo più. vi prometto che alla fine però potrò tirar le somme e consigliar tra tutti i migliori posti che ho visto e visitato.
Se volete, mentre leggete prendete un biscotto e mangiatelo, farà passare meglio il tempo, oppure sorseggiate un po’ di Genepy, che accompagna forse ancora meglio i racconti di viaggi in montagna.

Riprendo il racconto dal secondo giorno di viaggio, quando viaggiando sulle alpi francesi mi accorgo che l’itinerario che ho scelto guardando distrattamente una cartina ha un nome, si chiama “Route de grandes Alpes” ed è percorso turistico per bici e moto che attraversa i panorami e i passi più belli delle alpi francesi. Attraverso poi il colle del piccolo san Bernardo per arrivare in Italia, con la delusione che comporta abbandonare una strada statale perfettamente mantenuta, in cui i paracarri non sono nemmeno considerati, ed arrivare sul lato italiano dove pur di ristrutturare degli inutili barriere il fondo stradale è paragonabile a quello di una strada bianca. Percorro poi il fondovalle di Aosta, fino ad arrivare a Bard, con la strana  sensazione di esser dietro casa, in quanto la statale è la Torino-Aosta e ad ogni svincolo nella mia direzione è indicata Torino.

Imgp0831Visito il forte di Bard e mi perdo, mentalmente e temporalmente, nella mostra dei fotografi Magum e quando riemergo mi avvio verso Aosta per cercare un posto dove dormire. Dopo qualche tentativo a vuoto trovo una pensione con l’aspetto di una casa di riposo in una cittadina di cui scopro solo dopo il nome: Saint Vincent. Una di quelle città in cui non ci sarei mai andato se non ci fossi capitato per puro caso.

Imgp0845E’ il giorno di passare dal gran san bernardo, con al soddisfazione, questa volta, dato che il lato italiano del  passo è tenuto benissimo, mentre il lato svizzero è molto angusto e dal fondo non troppo regolare.
Soddisfazione che muta riattraversando poco dopo verso l’Italia sul passo del sempione, dove la situazione è ribaltata. Si fossero messi d’accordo italiani e svizzeri avremmo un unico passo, perfettamente tenuto in cui sarebbe facilissimo svalicare per tutti i tipi di mezzi, invece che due mezzi passi.
Ritornato su suolo italico, mi fermo sopra Varzo, a san Domenico, dove a sole due ore a piedi di camminata (di buon passo) c’è il rifugio Crosta.
Qui vengo accolto da un ambiente familiare, molto nello spirito dei migliori ospitalieri del camino di santiago, camino che il gestore ha fatto ‘qualche volta’, in modo recidivo come dice lui.

E’ finalmente iniziato il mio concetto di viaggio moto-alpinistico, ovvero percorso in moto alternato a camminata in montagna per raggiungere un rifugio per la notte. E nella giornata di domani avrà il suo culmine..
Sono il primo ad alzarmi al mattino dopo, ore 5.30 facendo colazione con un thermos di caffè-latte lasciatomi la sera prima. Due ore a piedi per recuperare la moto, e poi via, per otto ore di moto a zig zag tra Italia e Svizzera. Attraverso, tra i vari, il passo del san bernardino, il passo dello spluga, del maloja, del bernina ed altri che mi son ritrovato sulla strada ma di cui ora non ricordo il nome.

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Pranzo a Chiavenna in un crozzo per poi passare da St. Moritz (vengo colpito dalla bellezza di questi luoghi, in cui c’è un vero lago alpino, a quanto mi è parso di vedere, non di quelli finti creati da delle dighe come sulle alpi italiane), Livigno e Bormio, per poi dirigermi verso la Valfurva, da cui si raggiunge, su comodo sentiero in 4-5 ore il rifugio quinto alpini. Essendo in ritardo però per la cena e per quando mi aspettavano allungo un po’ il passo ed arrivo in tre ore, giusto appena dopo il tramonto del sole. Il rifugio è fantastico, tenuto benissimo e in una posizione bellissima che domina la valle sottostante. Al risveglio questa mattina le nuvole erano più basse dei 2900m in cui mi trovo e sembrava di galleggiarci dentro.Wg2 3334

Ora con calma si scende, il passo dello stelvio coi suoi leggendari tornati mi aspetta per oggi pomeriggio e poi si vedrà dove dormire. Emozioni, pensieri, e stati d’animo si accavallano in questi percorsi montani, profondi stati di stanchezza fisica risalendo a piedi per i crinali, con il fiato corto per l’aria rarefatta degli oltre duemila metri, ti portano più vicino a ciò che è veramente importante per te, ti permettono di ragionare su cosa vuoi fare del tuo futuro, e natualmente ti portano alla fine a non aver le idee chiare come in principio :P

Finito il biscotto (o genepy)?

Alla prossima puntata,
Buona strada a tutti

Fabio

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