Buon giorno o Buon pomeriggio o Buona Sera,
Passato bene il Natale?
Mangiato a sufficienza?
Scrivo da Puerto Natales, Chile, un piccolo paesino quasi al confine con l’Argentina popolato da montanari di tutto il mondo che o stanno per andare a fare trekking al parco nazionale Torres del Paine o ci sono appena tornati. Ma andiamo con ordine..

Il passaggio di paese si fa attraverso due distinte dogane, costituite da casupole erte più o meno in mezzo al nulla, sferzate da un vento costante e separate da qualche decina di km di sterrato. In entrambi i posti timbrano tutti i documenti, ti guardano con lo lo sguardo severo di chi deve assicurarsi che tu non sia un pericoloso criminale, poi ti sorridono e ti augurano buon viaggio.

Abbandonati i primi sterrati ci siamo tuffati sulla ruta 40, la mitica strada che percorre l’Argentina da Nord a Sud, una lingua d’asfalto dirtta e precisa per l’infinito. Ci siamo più volte trovati a chiederci se avevamo fatto una curva nell’ultima ora di viaggio, mentre guardavamo davanti a noi e dietro di noi una retta tirata in mezzo agli arbusti.
Nonostante la desolazione e le condizioni decisamente difficili gli animali non mancano, quelli piccoli è piç facile vederli per la prima volta schiacciati in mezzo alla strada, ma poi facendo attenzione li si scorge anche vivi e magari un po’ disturbati dal nostro passaggio. Abbiamo visto un armadillo, tanti guanaco, una sorta di lama che ti guarda impassibile masticando dall’alto della sua collinetta fintanto che non rallenti, caso nel quale si mette a correre via all’impazzata. Abbiamo visto dei nandù, strani struzzi terribilmente mimetici che se si fermano un attimo non riesci più a distinguere dal terreno. Ci sono poi pecore a perdita d’occhio e mucche, falchi e volpi e specie non identificate di passeri che ti tagliano la strada quando ti avvicini.

Arrivando a El Calafate abbiamo incrociato un pulman guasto circondato da gente che chiedeva passaggio per raggiungere la città e abbiamo così caricato 6 autostoppisti in un colpo solo, ta i sedili dietro e lo spazio del pick-up. Nel pomeriggio ci siamo diretti verso il parco nazionale del Perito Moreno, dando un passaggio a tre polacchi fermi al bordo della strada a fare autostop. Il punteggio al momento è di 12 autostoppisti a 4 per Omar, difficile raggiungerlo visto che il tempo sta per finire. Siamo comunque contenti della scelta dell’auto, più grossa in modo da poter caricare gente e del buon karma accumulato finora per il nostro ritorno a Buenos Aires in autostop.

Il ghiacciaio Perito Moreno è molto scenografico. Il parco da cui lo si può visitare è su una penisola che arriva a poche decine di metri dal fronte del ghiaccio. Passerelle e percorsi permettono di avere diversi punti di vista del muro di ghiaccio alto oltre 50m e dell’estensione verso le montagne del ghiacciaio intero. E’ uno dei ghiacciai che avanza più velocemente al mondo e guardandolo non lo si fatica a credere visto che mentre sul fronte splende il sole, alla base nevica in modo incessante. La spettacolarità maggiore però la danno i crolli di pezzi di ghiaccio nel lago, enormi slavine di neve e blocchi di ghiaccio, accompagnati da boati che sembrano tuoni di una tempesta troppo vicina per poter scappare.





Ci spostiamo così a Puerto Natales, nuovamente in Chile, da dove possiamo affittare una tenda e preparare gli zaini per quattro giorni di trekking. La cittadina, come dicevo all’inizio, è piena di persone vestite da montanari, alcuni anche attrezzati come per scalare un quattromila. Facciamo la spesa e prepariamo tutto il cibo che potremmo necessitare per i prossimi giorni, compriamo un fornelletto, un thermos, dei tappetini ed affittiamo una tenda.
La sera, la vigilia di Natale, ci sediamo alla tavola imbandita dei nostri padroni di casa, un affitta letti economico gestito da una famiglia allargata di una decina di persone e da bravi escursionisti che si devono alzare alle sei del mattino andiamo a dormire all’una, dopo aver assaggiato la versione cilena del qualsiasicosaconcocacola: la PisCola, ovvero Pisco e coca cola.


Il circuito scelto da fare nel parco è a forma di W e da qui prende il nome, il primo giorno ci arrampichiamo dal campo più in basso fino ad un ghiacciaio che forma il lago Grey, su sentieri trafficati come un’autostrada alla vigilia di ferragosto, salutando tutti quelli provenienti in direzione opposta, tra un hola un buenas e un feliz navidad. Mangiamo dei panini preparati il giorno prima e ceniamo cucinando del riso coi fagioli, derisi da una coppia di tedeschi cinquantenni che, come tutti gli altri, scaldano buste di cose pronte e liofilizzate e credono di star cucinando.


Purtroppo il mio scarso allenamento, i 22km del primo giorno e i 20 del secondo mi porta a sovraccaricare il tendine d’achille e quindi, all’inizio del terzo giorno siamo costretti a tornare indietro sui nostri passi, rinunciando all’ultimo ramo della W, il più duro. Torniamo in una giornata che sembra irreale per la Patagonia, senza un filo di vento, con la possibilità di vedere il riflesso delle montagne dentro i laghi. Ora spero che un po’ di riposo mi aiuti a smettere di zoppicare, un po’ di massaggio ed un po’ di chimica aiuteranno sicuramente.
La prossima destinazione è la fine del mondo, Ushuaia, per capodanno. Ed al momento mi stanno sbattendo fuori dall’ostello e quindi devo smettere di scrivere..
A presto, buon anno se non ci sentiamo prima,
un abbraccio,
Fabio