Interminati spazi

Buon giorno o Buon pomeriggio o Buona Sera,

 Passato bene il Natale?
Mangiato a sufficienza?
Scrivo da Puerto Natales, Chile, un piccolo paesino quasi al confine con l’Argentina popolato da montanari di tutto il mondo che o stanno per andare a fare trekking al parco nazionale Torres del Paine o ci sono appena tornati. Ma andiamo con ordine..

Image 0069Una volta ripartiti sulla carrettera austral abbiamo percorso ancora qualche centinaia di km tra sterrati, con tornanti ripidissimi e pieni di buche e tratti asfaltati di recente. Essendo però in ritardo sulla tabella di marcia siamo passati quasi subito in Argentina, ben prima del Sud che volevamo vedere del Chile. Ci aspettavamo di dover varcare le creste andine per poter sconfinare, arrampicandoci su impervie montagne, ma ci siamo trovati invece in un lunghisismo sterrato attorno al quale il paesaggio cambiava, abbiamo abbandonato le piante, i boschi e le montagne innevate stesse si sono prima abbassate e sono poi scomparse, per lasciare spazio a basse colline ed infine altipiani dolcememnte raccordati l’uno con l’altro. Il vento è diventato nostro ocmpagno di viaggio e le nuvole, veloci e dalle mille forme si sono messe a correre sopra le nostre teste.
Il passaggio di paese si fa attraverso due distinte dogane, costituite da casupole erte più o meno in mezzo al nulla, sferzate da un vento costante e separate da qualche decina di km di sterrato. In entrambi i posti timbrano tutti i documenti, ti guardano con lo lo sguardo severo di chi deve assicurarsi che tu non sia un pericoloso criminale, poi ti sorridono e ti augurano buon viaggio.
Image 0073Con l’ingresso in Argentina lo spazio e le distanze si sono totalmente stravolte, mentre prima eravamo abituati a quello che può essere una strada alpina, ora ci troviamo nel nulla battuto dal vento per intere centinaia di km. La pampa è a tratti affascinante, a tratti noiosa e a tratti coinvolgente. Non cresce nulla che superi i 50cm di altezza, perchè non potrebbe resistere allo sferzare del vento. Vento che batte con costanza e velocità attorno ai 100km/h lateralmente alla strada, costringendo a guidare spesso con il volante inclinato per poter andare diritto.
Abbandonati i primi sterrati ci siamo tuffati sulla ruta 40, la mitica strada che percorre l’Argentina da Nord a Sud, una lingua d’asfalto dirtta e precisa per l’infinito. Ci siamo più volte trovati a chiederci se avevamo fatto una curva nell’ultima ora di viaggio, mentre guardavamo davanti a noi e dietro di noi una retta tirata in mezzo agli arbusti.
Nonostante la desolazione e le condizioni decisamente difficili gli animali non mancano, quelli piccoli è piç facile vederli per la prima volta schiacciati in mezzo alla strada, ma poi facendo attenzione li si scorge anche vivi e magari un po’ disturbati dal nostro passaggio. Abbiamo visto un armadillo, tanti guanaco, una sorta di lama che ti guarda impassibile masticando dall’alto della sua collinetta fintanto che non rallenti, caso nel quale si mette a correre via all’impazzata. Abbiamo visto dei nandù, strani struzzi terribilmente mimetici che se si fermano un attimo non riesci più a distinguere dal terreno. Ci sono poi pecore a perdita d’occhio e mucche, falchi e volpi e specie non identificate di passeri che ti tagliano la strada quando ti avvicini.
Image 0094Avvicinandoci a El Calafate, una delle città crocevia di escursioni delle zone glaciali ci siamo fermati in una estancia persa nel nulla, chiamata ‘La Siberia’, gestita da Padre e figlio di una decina d’anni e posizionata di fianco ad un lago di un colore azzurro turchese chiarissimo. Un piccolo mondo fuori dal mondo, con qualche camera da affittare, docce calde, generatore per la corrente elettrica, nessun tipo di connessione con il mondo esterno ed un ristorante per la gente di passaggio. Abbiamo raggiunto il lago per vedere il tramonto e poi siamo crollati distrutti dai primi 600km di pampa argentina.
Arrivando a El Calafate abbiamo incrociato un pulman guasto circondato da gente che chiedeva passaggio per raggiungere la città e abbiamo così caricato 6 autostoppisti in un colpo solo, ta i sedili dietro e lo spazio del pick-up. Nel pomeriggio ci siamo diretti verso il parco nazionale del Perito Moreno, dando un passaggio a tre polacchi fermi al bordo della strada a fare autostop. Il punteggio al momento è di 12 autostoppisti a 4 per Omar, difficile raggiungerlo visto che il tempo sta per finire. Siamo comunque contenti della scelta dell’auto, più grossa in modo da poter caricare gente e del buon karma accumulato finora per il nostro ritorno a Buenos Aires in autostop.
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Il ghiacciaio Perito Moreno è molto scenografico. Il parco da cui lo si può visitare è su una penisola che arriva a poche decine di metri dal fronte del ghiaccio. Passerelle e percorsi permettono di avere diversi punti di vista del muro di ghiaccio alto oltre 50m e dell’estensione verso le montagne del ghiacciaio intero. E’ uno dei ghiacciai che avanza più velocemente al mondo e guardandolo non lo si fatica a credere visto che mentre sul fronte splende il sole, alla base nevica in modo incessante. La spettacolarità maggiore però la danno i crolli di pezzi di ghiaccio nel lago, enormi slavine di neve e blocchi di ghiaccio, accompagnati da boati che sembrano tuoni di una tempesta troppo vicina per poter scappare.
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Image 0120La sera troviamo nella cucina dell’affittacamere in cui siamo ospitati un americano che ci aiuta a pianificare i successivi giorni di trekking nel parco nazionale Torres del Paine, degli spuntoni dolomitici attorniati da altre montagne e battuti dal vento così tanto da essere definiti ‘pettini del vento’.
Ci spostiamo così a Puerto Natales, nuovamente in Chile, da dove possiamo affittare una tenda e preparare gli zaini per quattro giorni di trekking. La cittadina, come dicevo all’inizio, è piena di persone vestite da montanari, alcuni anche attrezzati come per scalare un quattromila. Facciamo la spesa e prepariamo tutto il cibo che potremmo necessitare per i prossimi giorni, compriamo un fornelletto, un thermos, dei tappetini ed affittiamo una tenda.
La sera, la vigilia di Natale, ci sediamo alla tavola imbandita dei nostri padroni di casa, un affitta letti economico gestito da una famiglia allargata di una decina di persone e da bravi escursionisti che si devono alzare alle sei del mattino andiamo a dormire all’una, dopo aver assaggiato la versione cilena del qualsiasicosaconcocacola: la PisCola, ovvero Pisco e coca cola.
Image 0121Image 0127L’ingresso al parco conta di più passaggi necessari: prima in macchina fino all’ingresso, poi in bus fino ad un traghetto, poi traghetto ifno ad un accampamento ed infine da li a piedi. Arrivando al parco vediamo un animale che ancora ci mancava all’elenco: il condor. Sono un gruppetto, a terra, tra la strada e le rive di un laghetto, al nostro arrivo spiccano il volo, e nello dispiegare le ali occupano l’intera carreggiata o meglio le dimensioni stesse della macchina.
Il circuito scelto da fare nel parco è a forma di W e da qui prende il nome, il primo giorno ci arrampichiamo dal campo più in basso fino ad un ghiacciaio che forma il lago Grey, su sentieri trafficati come un’autostrada alla vigilia di ferragosto, salutando tutti quelli provenienti in direzione opposta, tra un hola un buenas e un feliz navidad. Mangiamo dei panini preparati il giorno prima e ceniamo cucinando del riso coi fagioli, derisi da una coppia di tedeschi cinquantenni che, come tutti gli altri, scaldano buste di cose pronte e liofilizzate e credono di star cucinando.

 

Image 0137Image 0147Il secondo giorno nel parco partiamo zaini in spalla dopo una notte in tenda, tenda troppo piccola per dormire in due persone e due bagagli, per l’accampamento italiano, fondamentalmente un bosco con una casupola dove poter cucinare vicino ad un fiume, dal quale attingere acqua, dove lavare i piatti, i vestiti e docciarsi se si vuole. Qui piantiamo la tenda e ci arrampichiamo fino al centro della valle del Frances, il centro del parco, circondati da montagne, in una giornata soleggiata e con moderato vento che ci permette di vedere il ghiacciaio sulla sinistra, le torri dolomitiche che stagliano sulla nostra destra, le montagne che chiudono la valle ed il lago che sta dall’altro lato, alle nostre spalle salendo.
Purtroppo il mio scarso allenamento, i 22km del primo giorno e i 20 del secondo mi porta a sovraccaricare il tendine d’achille e quindi, all’inizio del terzo giorno siamo costretti a tornare indietro sui nostri passi, rinunciando all’ultimo ramo della W, il più duro. Torniamo in una giornata che sembra irreale per la Patagonia, senza un filo di vento, con la possibilità di vedere il riflesso delle montagne dentro i laghi. Ora spero che un po’ di riposo mi aiuti a smettere di zoppicare, un po’ di massaggio ed un po’ di chimica aiuteranno sicuramente.
La prossima destinazione è la fine del mondo, Ushuaia, per capodanno. Ed al momento mi stanno sbattendo fuori dall’ostello e quindi devo smettere di scrivere..
A presto, buon anno se non ci sentiamo prima,
un abbraccio,
Fabio

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